Legge 15 marzo 1997, n. 59
  
    "Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti 
    alle regioni ed enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione 
    e per la semplificazione amministrativa"  
  
    pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 63 del 17 marzo 1997 
  
 
  
    Capo I 
    Art. 1.  
  
  
  1. Il Governo è delegato ad emanare, entro nove mesi dalla data di entrata 
  in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi volti a 
  conferire alle regioni e agli enti locali, ai sensi degli articoli 5, 118 e 
  128 della Costituzione, funzioni e compiti amministrativi nel rispetto dei princìpi 
  e dei criteri direttivi contenuti nella presente legge. Ai fini della presente 
  legge, per "conferimento" si intende trasferimento, delega o attribuzione 
  di funzioni e compiti e per "enti locali" si intendono le province, 
  i comuni, le comunità montane e gli altri enti locali. 
  2. Sono conferite alle regioni e agli enti locali, nell'osservanza del principio 
  di sussidiarietà di cui all'articolo 4, comma 3, lettera a), della presente 
  legge, anche ai sensi dell'articolo 3 della legge 8 giugno 1990, n. 142, tutte 
  le funzioni e i compiti amministrativi relativi alla cura degli interessi e 
  alla promozione dello sviluppo delle rispettive comunità, nonchè 
  tutte le funzioni e i compiti amministrativi localizzabili nei rispettivi territori 
  in atto esercitati da qualunque organo o amministrazione dello Stato, centrali 
  o periferici, ovvero tramite enti o altri soggetti pubblici. 
  3. Sono esclusi dall'applicazione dei commi 1 e 2 le funzioni e i compiti riconducibili 
  alle seguenti materie: 
  a) affari esteri e commercio estero, nonchè cooperazione internazionale 
  e attività promozionale all'estero di rilievo nazionale; 
  b) difesa, forze armate, armi e munizioni, esplosivi e materiale strategico; 
  
  c) rapporti tra lo Stato e le confessioni religiose; 
  d) tutela dei beni culturali e del patrimonio storico artistico; 
  e) vigilanza sullo stato civile e sull'anagrafe; 
  f) cittadinanza, immigrazione, rifugiati e asilo politico, estradizione; 
  g) consultazioni elettorali, elettorato attivo e passivo, propaganda elettorale, 
  consultazioni referendarie escluse quelle regionali; 
  h) moneta, sistema valutario e perequazione delle risorse finanziarie; 
  i) dogane, protezione dei confini nazionali e profilassi internazionale; 
  l) ordine pubblico e sicurezza pubblica; 
  m) amministrazione della giustizia; 
  n) poste e telecomunicazioni; 
  o) previdenza sociale, eccedenze di personale temporanee e strutturali; 
  p) ricerca scientifica; 
  q) istruzione universitaria, ordinamenti scolastici, programmi scolastici, organizzazione 
  generale dell'istruzione scolastica e stato giuridico del personale. 
  r) vigilanza in materia di lavoro e cooperazione. 
  4. Sono inoltre esclusi dall'applicazione dei commi 1 e 2: 
  a) i compiti di regolazione e controllo già attribuiti con legge statale 
  ad apposite autorità indipendenti; 
  b) i compiti strettamente preordinati alla programmazione, progettazione, esecuzione 
  e manutenzione di grandi reti infrastrutturali dichiarate di interesse nazionale 
  con legge statale; 
  c) i compiti di rilievo nazionale del sistema di protezione civile, per la difesa 
  del suolo, per la tutela dell'ambiente e della salute, per gli indirizzi, le 
  funzioni e i programmi nel settore dello spettacolo, per la ricerca, la produzione, 
  il trasporto e la distribuzione di energia; gli schemi di decreti legislativi, 
  ai fini della individuazione dei compiti di rilievo nazionale, sono predisposti 
  previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni 
  e le province autonome di Trento e Bolzano; in mancanza dell'intesa, il Consiglio 
  dei ministri delibera motivatamente in via definitiva su proposta del Presidente 
  del Consiglio dei ministri; 
  d) i compiti esercitati localmente in regime di autonomia funzionale dalle camere 
  di commercio, industria, artigianato e agricoltura e dalle università 
  degli studi; 
  e) il coordinamento dei rapporti con l'Unione europea e i compiti preordinati 
  ad assicurare l'esecuzione a livello nazionale degli obblighi derivanti dal 
  Trattato sull'Unione europea e dagli accordi internazionali. 
  5. Resta ferma la disciplina concernente il sistema statistico nazionale, anche 
  ai fini del rispetto degli obblighi derivanti dal Trattato sull'Unione europea 
  e dagli accordi internazionali. 
  6. La promozione dello sviluppo economico, la valorizzazione dei sistemi produttivi 
  e la promozione della ricerca applicata sono interessi pubblici primari che 
  lo Stato, le regioni, le province, i comuni e gli altri enti locali assicurano 
  nell'ambito delle rispettive competenze, nel rispetto delle esigenze della salute, 
  della sicurezza pubblica e della tutela dell'ambiente. 
   
  
     Art. 2.   
  
  
  1. La disciplina legislativa delle funzioni e dei compiti conferiti alle regioni 
  ai sensi della presente legge spetta alle regioni quando è riconducibile 
  alle materie di cui all'articolo 117, primo comma, della Costituzione. Nelle 
  restanti materie spetta alle regioni il potere di emanare norme attuative ai 
  sensi dell'articolo 117, secondo comma, della Costituzione. 
  2. In ogni caso, la disciplina della organizzazione e dello svolgimento delle 
  funzioni e dei compiti amministrativi conferiti ai sensi dell'articolo 1 è 
  disposta, secondo le rispettive competenze e nell'ambito della rispettiva potestà 
  normativa, dalle regioni e dagli enti locali. 
  
 
  
     Art. 3.   
  
  
  1. Con i decreti legislativi di cui all'articolo 1 sono: 
  a) individuati tassativamente le funzioni e i compiti da mantenere in capo alle 
  amministrazioni statali, ai sensi e nei limiti di cui all'articolo 1; 
  b) indicati, nell'ambito di ciascuna materia, le funzioni e i compiti da conferire 
  alle regioni anche ai fini di cui all'articolo 3 della legge 8 giugno 1990, 
  n. 142, e osservando il principio di sussidiarietà di cui all'articolo 
  4, comma 3, lettera a), della presente legge, o da conferire agli enti locali 
  territoriali o funzionali ai sensi degli articoli 128 e 118, primo comma, della 
  Costituzione, nonchè i criteri di conseguente e contestuale attribuzione 
  e ripartizione tra le regioni, e tra queste e gli enti locali, dei beni e delle 
  risorse finanziarie, umane, strumentali e organizzative; il conferimento avviene 
  gradualmente ed entro il periodo massimo di tre anni, assicurando l'effettivo 
  esercizio delle funzioni conferite; 
  c) individuati le procedure e gli strumenti di raccordo, anche permanente, con 
  eventuale modificazione o nuova costituzione di forme di cooperazione strutturali 
  e funzionali, che consentano la collaborazione e l'azione coordinata tra enti 
  locali, tra regioni e tra i diversi livelli di governo e di amministrazione 
  anche con eventuali interventi sostitutivi nel caso di inadempienza delle regioni 
  e degli enti locali nell'esercizio delle funzioni amministrative ad essi conferite, 
  nonchè la presenza e l'intervento, anche unitario, di rappresentanti 
  statali, regionali e locali nelle diverse strutture, necessarie per l'esercizio 
  delle funzioni di raccordo, indirizzo, coordinamento e controllo; 
  d) soppresse, trasformate o accorpate le strutture centrali e periferiche interessate 
  dal conferimento di funzioni e compiti con le modalità e nei termini 
  di cui all'articolo 7, comma 3, salvaguardando l'integrità di ciascuna 
  regione e l'accesso delle comunità locali alle strutture sovraregionali; 
  
  e) individuate le modalità e le procedure per il trasferimento del personale 
  statale senza oneri aggiuntivi per la finanza pubblica; 
  f) previste le modalità e le condizioni con le quali l'amministrazione 
  dello Stato può avvalersi, per la cura di interessi nazionali, di uffici 
  regionali e locali, d'intesa con gli enti interessati o con gli organismi rappresentativi 
  degli stessi; 
  g) individuate le modalità e le condizioni per il conferimento a idonee 
  strutture organizzative di funzioni e compiti che non richiedano, per la loro 
  natura, l'esercizio esclusivo da parte delle regioni e degli enti locali; 
  h) previste le modalità e le condizioni per l'accessibilità da 
  parte del singolo cittadino temporaneamente dimorante al di fuori della propria 
  residenza ai servizi di cui voglia o debba usufruire. 
  2. Speciale normativa è emanata con i decreti legislativi di cui all'articolo 
  1 per il comune di Campione d'Italia, in considerazione della sua collocazione 
  territoriale separata e della conseguente peculiare realtà istituzionale, 
  socio-economica, valutaria, doganale, fiscale e finanziaria. 
  
 
  
     Art. 4.   
  
  
  1. Nelle materie di cui all'articolo 117 della Costituzione, le regioni, in 
  conformità ai singoli ordinamenti regionali, conferiscono alle province, 
  ai comuni e agli altri enti locali tutte le funzioni che non richiedono l'unitario 
  esercizio a livello regionale. Al conferimento delle funzioni le regioni provvedono 
  sentite le rappresentanze degli enti locali. Possono altresì essere ascoltati 
  anche gli organi rappresentativi delle autonomie locali ove costituiti dalle 
  leggi regionali. 
  2. Gli altri compiti e funzioni di cui all'articolo 1, comma 2, della presente 
  legge, vengono conferiti a regioni, province, comuni ed altri enti locali con 
  i decreti legislativi di cui all'articolo 1. 
  3. I conferimenti di funzioni di cui ai commi 1 e 2 avvengono nell'osservanza 
  dei seguenti princìpi fondamentali: 
  a) il principio di sussidiarietà, con l'attribuzione della generalità 
  dei compiti e delle funzioni amministrative ai comuni, alle province e alle 
  comunità montane, secondo le rispettive dimensioni territoriali, associative 
  e organizzative, con l'esclusione delle sole funzioni incompatibili con le dimensioni 
  medesime, attribuendo le responsabilità pubbliche anche al fine di favorire 
  l'assolvimento di funzioni e di compiti di rilevanza sociale da parte delle 
  famiglie, associazioni e comunità, alla autorità territorialmente 
  e funzionalmente più vicina ai cittadini interessati; 
  b) il principio di completezza, con la attribuzione alla regione dei compiti 
  e delle funzioni amministrative non assegnati ai sensi della lettera a), e delle 
  funzioni di programmazione; 
  c) il principio di efficienza e di economicità, anche con la soppressione 
  delle funzioni e dei compiti divenuti superflui; 
  d) il principio di cooperazione tra Stato, regioni ed enti locali anche al fine 
  di garantire un'adeguata partecipazione alle iniziative adottate nell'ambito 
  dell'Unione europea; 
  e) i princìpi di responsabilità ed unicità dell'amministrazione, 
  con la conseguente attribuzione ad un unico soggetto delle funzioni e dei compiti 
  connessi, strumentali e complementari, e quello di identificabilità in 
  capo ad un unico soggetto anche associativo della responsabilità di ciascun 
  servizio o attività amministrativa; 
  f) il principio di omogeneità, tenendo conto in particolare delle funzioni 
  già esercitate con l'attribuzione di funzioni e compiti omogenei allo 
  stesso livello di governo; 
  g) il principio di adeguatezza, in relazione all'idoneità organizzativa 
  dell'amministrazione ricevente a garantire, anche in forma associata con altri 
  enti, l'esercizio delle funzioni; 
  h) il principio di differenziazione nell'allocazione delle funzioni in considerazione 
  delle diverse caratteristiche, anche associative, demografiche, territoriali 
  e strutturali degli enti riceventi; 
  i) il principio della copertura finanziaria e patrimoniale dei costi per l'esercizio 
  delle funzioni amministrative conferite; 
  l) il principio di autonomia organizzativa e regolamentare e di responsabilità 
  degli enti locali nell'esercizio delle funzioni e dei compiti amministrativi 
  ad essi conferiti. 
  4. Con i decreti legislativi di cui all'articolo 1 il Governo provvede anche 
  a: 
  a) delegare alle regioni i compiti di programmazione e amministrazione in materia 
  di servizi pubblici di trasporto di interesse regionale e locale; attribuire 
  alle regioni il compito di definire, d'intesa con gli enti locali, il livello 
  dei servizi minimi qualitativamente e quantitativamente sufficienti a soddisfare 
  la domanda di mobilità dei cittadini, servizi i cui costi sono a carico 
  dei bilanci regionali, prevedendo che i costi dei servizi ulteriori rispetto 
  a quelli minimi siano a carico degli enti locali che ne programmino l'esercizio; 
  prevedere che l'attuazione delle deleghe e l'attribuzione delle relative risorse 
  alle regioni siano precedute da appositi accordi di programma tra il Ministro 
  dei trasporti e della navigazione e le regioni medesime, semprechè gli 
  stessi accordi siano perfezionati entro il 30 giugno 1999; 
  b) prevedere che le regioni e gli enti locali, nell'ambito delle rispettive 
  competenze, regolino l'esercizio dei servizi con qualsiasi modalità effettuati 
  e in qualsiasi forma affidati, sia in concessione che nei modi di cui agli articoli 
  22 e 25 della legge 8 giugno 1990, n. 142, mediante contratti di servizio pubblico, 
  che rispettino gli articoli 2 e 3 del regolamento (CEE) n. 1191/69 ed il regolamento 
  (CEE) n. 1893/91, che abbiano caratteristiche di certezza finanziaria e copertura 
  di bilancio e che garantiscano entro il 1o gennaio 2000 il conseguimento di 
  un rapporto di almeno 0,35 tra ricavi da traffico e costi operativi, al netto 
  dei costi di infrastruttura previa applicazione della direttiva 91/440/CEE del 
  Consiglio del 29 luglio 1991 ai trasporti ferroviari di interesse regionale 
  e locale; definire le modalità per incentivare il superamento degli assetti 
  monopolistici nella gestione dei servizi di trasporto urbano e extraurbano e 
  per introdurre regole di concorrenzialità nel periodico affidamento dei 
  servizi; definire le modalità di subentro delle regioni entro il 1o gennaio 
  2000 con propri autonomi contratti di servizio regionale al contratto di servizio 
  pubblico tra Stato e Ferrovie dello Stato Spa per servizi di interesse locale 
  e regionale; 
  c) ridefinire, riordinare e razionalizzare, sulla base dei princìpi e 
  criteri di cui al comma 3 del presente articolo, al comma 1 dell'articolo 12 
  e agli articoli 14, 17 e 20, comma 5, per quanto possibile individuando momenti 
  decisionali unitari, la disciplina relativa alle attività economiche 
  ed industriali, in particolare per quanto riguarda il sostegno e lo sviluppo 
  delle imprese operanti nell'industria, nel commercio, nell'artigianato, nel 
  comparto agroindustriale e nei servizi alla produzione; per quanto riguarda 
  le politiche regionali, strutturali e di coesione della Unione europea, ivi 
  compresi gli interventi nelle aree depresse del territorio nazionale, la ricerca 
  applicata, l'innovazione tecnologica, la promozione della internazionalizzazione 
  e della competitività delle imprese nel mercato globale e la promozione 
  della razionalizzazione della rete commerciale anche in relazione all'obiettivo 
  del contenimento dei prezzi e dell'efficienza della distribuzione; per quanto 
  riguarda la cooperazione nei settori produttivi e il sostegno dell'occupazione; 
  per quanto riguarda le attività relative alla realizzazione, all'ampliamento, 
  alla ristrutturazione e riconversione degli impianti industriali, all'avvio 
  degli impianti medesimi e alla creazione, ristrutturazione e valorizzazione 
  di aree industriali ecologicamente attrezzate, con particolare riguardo alle 
  dotazioni ed impianti di tutela dell'ambiente, della sicurezza e della salute 
  pubblica. 
  5. Ai fini dell'applicazione dell'articolo 3 della legge 8 giugno 1990, n. 142, 
  e del principio di sussidiarietà di cui al comma 3, lettera a), del presente 
  articolo, ciascuna regione adotta, entro sei mesi dall'emanazione di ciascun 
  decreto legislativo, la legge di puntuale individuazione delle funzioni trasferite 
  o delegate agli enti locali e di quelle mantenute in capo alla regione stessa. 
  Qualora la regione non provveda entro il termine indicato, il Governo è 
  delegato ad emanare, entro i successivi novanta giorni, sentite le regioni inadempienti, 
  uno o più decreti legislativi di ripartizione di funzioni tra regione 
  ed enti locali le cui disposizioni si applicano fino alla data di entrata in 
  vigore della legge regionale. 
  
 
  
     Art. 5.   
  
  
  1. È istituita una Commissione parlamentare, composta da venti senatori 
  e venti deputati, nominati rispettivamente dai Presidenti del Senato della Repubblica 
  e della Camera dei deputati, su designazione dei gruppi parlamentari. 
  2. La Commissione elegge tra i propri componenti un presidente, due vicepresidenti 
  e due segretari che insieme con il presidente formano l'ufficio di presidenza. 
  La Commissione si riunisce per la sua prima seduta entro venti giorni dalla 
  nomina dei suoi componenti, per l'elezione dell'ufficio di presidenza. Sino 
  alla costituzione della Commissione, il parere, ove occorra, viene espresso 
  dalle competenti Commissioni parlamentari. 
  3. La Commissione ha sede presso la Camera dei deputati. Alle spese necessarie 
  per il funzionamento della Commissione si provvede, in parti uguali, a carico 
  dei bilanci interni di ciascuna delle due Camere. 
  4. La Commissione: 
  a) esprime i pareri previsti dalla presente legge; 
  b) verifica periodicamente lo stato di attuazione delle riforme previste dalla 
  presente legge e ne riferisce ogni sei mesi alle Camere. 
  
 
  
     Art. 6.   
  
  
  1. Sugli schemi di decreto legislativo di cui all'articolo 1 il Governo acquisisce 
  il parere della Commissione di cui all'articolo 5 e della Commissione parlamentare 
  per le questioni regionali, che devono essere espressi entro quaranta giorni 
  dalla ricezione degli schemi stessi. Il Governo acquisisce altresì i 
  pareri della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e 
  le province autonome di Trento e di Bolzano e della Conferenza Stato-Città 
  e autonomie locali allargata ai rappresentanti delle comunità montane; 
  tali pareri devono essere espressi entro venti giorni dalla ricezione degli 
  schemi stessi. I pareri delle Conferenze sono immediatamente comunicati alle 
  Commissioni parlamentari predette. Decorsi inutilmente i termini previsti dal 
  presente articolo, i decreti legislativi possono essere comunque emanati. 
  
 
  
     Art. 7.   
  
  
  1. Ai fini della attuazione dei decreti legislativi di cui agli articoli 1, 
  3 e 4 e con le scadenze temporali e modalità dagli stessi previste, alla 
  puntuale individuazione dei beni e delle risorse finanziarie, umane, strumentali 
  e organizzative da trasferire, alla loro ripartizione tra le regioni e tra regioni 
  ed enti locali ed ai conseguenti trasferimenti si provvede con decreto del Presidente 
  del Consiglio dei ministri, sentiti i Ministri interessati e il Ministro del 
  tesoro. Il trasferimento dei beni e delle risorse deve comunque essere congruo 
  rispetto alle competenze trasferite e al contempo deve comportare la parallela 
  soppressione o il ridimensionamento dell'amministrazione statale periferica, 
  in rapporto ad eventuali compiti residui. 
  2. Sugli schemi dei provvedimenti di cui al comma 1 è acquisito il parere 
  della Commissione di cui all'articolo 5, della Conferenza permanente per i rapporti 
  tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e della 
  Conferenza Stato-Città e autonomie locali allargata ai rappresentanti 
  delle comunità montane. Sugli schemi, inoltre, sono sentiti gli organismi 
  rappresentativi degli enti locali funzionali ed è assicurata la consultazione 
  delle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative. I pareri devono 
  essere espressi entro trenta giorni dalla richiesta. Decorso inutilmente tale 
  termine i decreti possono comunque essere emanati. 
  3. Al riordino delle strutture di cui all'articolo 3, comma 1, lettera d), si 
  provvede, con le modalità e i criteri di cui al comma 4-bis dell'articolo 
  17 della legge 23 agosto 1988, n. 400, introdotto dall'articolo 13, comma 1, 
  della presente legge, entro novanta giorni dalla adozione di ciascun decreto 
  di attuazione di cui al comma 1 del presente articolo. Per i regolamenti di 
  riordino, il parere del Consiglio di Stato è richiesto entro cinquantacinque 
  giorni ed è reso entro trenta giorni dalla richiesta. In ogni caso, trascorso 
  inutilmente il termine di novanta giorni, il regolamento è adottato su 
  proposta del Presidente del Consiglio dei ministri. In sede di prima emanazione 
  gli schemi di regolamento sono trasmessi alla Camera dei deputati e al Senato 
  della Repubblica perchè su di essi sia espresso il parere della Commissione 
  di cui all'articolo 5, entro trenta giorni dalla data della loro trasmissione. 
  Decorso tale termine i regolamenti possono essere comunque emanati. 
  
 
  
     Art. 8.   
  
  
  1. Gli atti di indirizzo e coordinamento delle funzioni amministrative regionali, 
  gli atti di coordinamento tecnico, nonchè le direttive relative all'esercizio 
  delle funzioni delegate, sono adottati previa intesa con la Conferenza permanente 
  per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di 
  Bolzano, o con la singola regione interessata. 
  2. Qualora nel termine di quarantacinque giorni dalla prima consultazione l'intesa 
  non sia stata raggiunta, gli atti di cui al comma 1 sono adottati con deliberazione 
  del Consiglio dei ministri, previo parere della Commissione parlamentare per 
  le questioni regionali da esprimere entro trenta giorni dalla richiesta. 
  3. In caso di urgenza il Consiglio dei ministri può provvedere senza 
  l'osservanza delle procedure di cui ai commi 1 e 2. I provvedimenti in tal modo 
  adottati sono sottoposti all'esame degli organi di cui ai commi 1 e 2 entro 
  i successivi quindici giorni. Il Consiglio dei ministri è tenuto a riesaminare 
  i provvedimenti in ordine ai quali siano stati espressi pareri negativi. 
  4. Gli atti di indirizzo e coordinamento, gli atti di coordinamento tecnico, 
  nonchè le direttive adottate con deliberazione del Consiglio dei ministri, 
  sono trasmessi alle competenti Commissioni parlamentari. 
  5. Sono abrogate le seguenti disposizioni concernenti funzioni di indirizzo 
  e coordinamento dello Stato: 
  a) l'articolo 3 della legge 22 luglio 1975, n. 382; 
  b) l'articolo 4, secondo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 
  24 luglio 1977, n. 616, il primo comma del medesimo articolo limitatamente alle 
  parole da: "nonchè la funzione di indirizzo" fino a: "n. 
  382" e alle parole "e con la Comunità economica europea", 
  nonchè il terzo comma del medesimo articolo, limitatamente alle parole: 
  "impartisce direttive per l'esercizio delle funzioni amministrative delegate 
  alle regioni, che sono tenute ad osservarle, ed"; 
  c) l'articolo 2, comma 3, lettera d), della legge 23 agosto 1988, n. 400, limitatamente 
  alle parole: "gli atti di indirizzo e coordinamento dell' attività 
  amministrativa delle regioni e, nel rispetto delle disposizioni statutarie, 
  delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e Bolzano"; 
  
  d) l'articolo 13, comma 1, lettera e), della legge 23 agosto 1988, n. 400, limitatamente 
  alle parole: "anche per quanto concerne le funzioni statali di indirizzo 
  e coordinamento"; 
  e) l'articolo 1, comma 1, lettera hh), della legge 12 gennaio 1991, n. 13. 
  6. È soppresso l'ultimo periodo della lettera a) del primo comma dell'articolo 
  17 della legge 16 maggio 1970, n. 281. 
  
   
  Art. 9.
1. Il Governo è delegato ad emanare, entro cinque mesi dalla data di entrata 
in vigore della presente legge, un decreto legislativo volto a definire ed ampliare 
le attribuzioni della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni 
e le province autonome di Trento e di Bolzano, unificandola, per le materie e 
i compiti di interesse comune delle regioni, delle province e dei comuni, con 
la Conferenza Stato-Città e autonomie locali. Nell'emanazione del decreto 
legislativo il Governo si atterrà ai seguenti princìpi e criteri 
direttivi: 
a) potenziamento dei poteri e delle funzioni della Conferenza prevedendo la partecipazione 
della medesima a tutti i processi decisionali di interesse regionale, interregionale 
ed infraregionale almeno a livello di attività consultiva obbligatoria; 
b) semplificazione delle procedure di raccordo tra Stato e regioni attraverso 
la concentrazione in capo alla Conferenza di tutte le attribuzioni relative ai 
rapporti tra Stato e regioni anche attraverso la soppressione di comitati, commissioni 
e organi omologhi all'interno delle amministrazioni pubbliche; 
c) specificazione delle materie per le quali è obbligatoria l'intesa e 
della disciplina per i casi di dissenso; 
d) definizione delle forme e modalità della partecipazione dei rappresentanti 
dei comuni, delle province e delle comunità montane. 
2. Dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo di cui al comma 1, 
i pareri richiesti dalla presente legge alla Conferenza permanente per i rapporti 
tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e alla 
Conferenza Stato-Città e autonomie locali sono espressi dalla Conferenza 
unificata. 
 
 
  
    Art. 10.   
  
  
  1. Disposizioni correttive e integrative dei decreti legislativi di cui all'articolo 
  1 possono essere adottate, con il rispetto dei medesimi criteri e princìpi 
  direttivi e con le stesse procedure, entro un anno dalla data della loro entrata 
  in vigore. 
  
 
  
     Capo II 
    Art. 11.   
  
  
  1. Il Governo è delegato ad emanare, entro dodici mesi dalla 
  data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi 
  diretti a: 
  a) razionalizzare l'ordinamento della Presidenza del Consiglio dei ministri 
  e dei Ministeri, anche attraverso il riordino, la soppressione e la fusione 
  di Ministeri, nonchè di amministrazioni centrali anche ad ordinamento 
  autonomo; 
  b) riordinare gli enti pubblici nazionali operanti in settori diversi dalla 
  assistenza e previdenza, nonchè gli enti privati, controllati direttamente 
  o indirettamente dallo Stato, che operano, anche all'estero, nella promozione 
  e nel sostegno pubblico al sistema produttivo nazionale; 
  c) riordinare e potenziare i meccanismi e gli strumenti di monitoraggio e di 
  valutazione dei costi, dei rendimenti e dei risultati dell'attività svolta 
  dalle amministrazioni pubbliche; 
  d) riordinare e razionalizzare gli interventi diretti a promuovere e sostenere 
  il settore della ricerca scientifica e tecnologica nonchè gli organismi 
  operanti nel settore stesso. 
  2. I decreti legislativi sono emanati previo parere della Commissione di cui 
  all'articolo 5, da rendere entro trenta giorni dalla data di trasmissione degli 
  stessi. Decorso tale termine i decreti legislativi possono essere comunque emanati. 
  
  3. Disposizioni correttive e integrative ai decreti legislativi possono essere 
  emanate, nel rispetto degli stessi princìpi e criteri direttivi e con 
  le medesime procedure, entro un anno dalla data della loro entrata in vigore. 
  
  4. Anche al fine di conformare le disposizioni del decreto legislativo 3 febbraio 
  1993, n. 29, e successive modificazioni, alle disposizioni della presente legge 
  e di coordinarle con i decreti legislativi emanati ai sensi del presente capo, 
  ulteriori disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo 3 febbraio 
  1993, n. 29, e successive modificazioni, possono essere emanate entro il 31 
  dicembre 1997. A tal fine il Governo, in sede di adozione dei decreti legislativi, 
  si attiene ai princìpi contenuti negli articoli 97 e 98 della Costituzione, 
  ai criteri direttivi di cui all'articolo 2 della legge 23 ottobre 1992, n. 421, 
  a partire dal principio della separazione tra compiti e responsabilità 
  di direzione politica e compiti e responsabilità di direzione delle amministrazioni, 
  nonchè, ad integrazione, sostituzione o modifica degli stessi ai seguenti 
  princìpi e criteri direttivi: 
  a) completare l'integrazione della disciplina del lavoro pubblico con quella 
  del lavoro privato e la conseguente estensione al lavoro pubblico delle disposizioni 
  del codice civile e delle leggi sui rapporti di lavoro privato nell'impresa; 
  estendere il regime di diritto privato del rapporto di lavoro anche ai dirigenti 
  generali ed equiparati delle amministrazioni pubbliche, mantenendo ferme le 
  altre esclusioni di cui all'articolo 2, commi 4 e 5, del decreto legislativo 
  3 febbraio 1993, n. 29; 
  b) prevedere per i dirigenti, compresi quelli di cui alla lettera a), l'istituzione 
  di un ruolo unico interministeriale presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, 
  articolato in modo da garantire la necessaria specificità tecnica; 
  c) semplificare e rendere più spedite le procedure di contrattazione 
  collettiva; riordinare e potenziare l'Agenzia per la rappresentanza negoziale 
  delle pubbliche amministrazioni (ARAN) cui è conferita la rappresentanza 
  negoziale delle amministrazioni interessate ai fini della sottoscrizione dei 
  contratti collettivi nazionali, anche consentendo forme di associazione tra 
  amministrazioni, ai fini dell'esercizio del potere di indirizzo e direttiva 
  all'ARAN per i contratti dei rispettivi comparti; 
  d) prevedere che i decreti legislativi e la contrattazione possano distinguere 
  la disciplina relativa ai dirigenti da quella concernente le specifiche tipologie 
  professionali, fatto salvo quanto previsto per la dirigenza del ruolo sanitario 
  di cui all'articolo 15 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive 
  modificazioni, e stabiliscano altresì una distinta disciplina per gli 
  altri dipendenti pubblici che svolgano qualificate attività professionali, 
  implicanti l'iscrizione ad albi, oppure tecnico-scientifiche e di ricerca; 
  e) garantire a tutte le amministrazioni pubbliche autonomi livelli di contrattazione 
  collettiva integrativa nel rispetto dei vincoli di bilancio di ciascuna amministrazione; 
  prevedere che per ciascun ambito di contrattazione collettiva le pubbliche amministrazioni, 
  attraverso loro istanze associative o rappresentative, possano costituire un 
  comitato di settore; 
  f) prevedere che, prima della definitiva sottoscrizione del contratto collettivo, 
  la quantificazione dei costi contrattuali sia dall'ARAN sottoposta, limitatamente 
  alla certificazione delle compatibilità con gli strumenti di programmazione 
  e di bilancio di cui all'articolo 1-bis della legge 5 agosto 1978, n. 468, e 
  successive modificazioni, alla Corte dei conti, che può richiedere elementi 
  istruttori e di valutazione ad un nucleo di tre esperti, designati, per ciascuna 
  certificazione contrattuale, con provvedimento del Presidente del Consiglio 
  dei ministri, di concerto con il Ministro del tesoro; prevedere che la Corte 
  dei conti si pronunci entro il termine di quindici giorni, decorso il quale 
  la certificazione si intende effettuata; prevedere che la certificazione e il 
  testo dell'accordo siano trasmessi al comitato di settore e, nel caso di amministrazioni 
  statali, al Governo; prevedere che, decorsi quindici giorni dalla trasmissione 
  senza rilievi, il presidente del consiglio direttivo dell'ARAN abbia mandato 
  di sottoscrivere il contratto collettivo il quale produce effetti dalla sottoscrizione 
  definitiva; prevedere che, in ogni caso, tutte le procedure necessarie per consentire 
  all'ARAN la sottoscrizione definitiva debbano essere completate entro il termine 
  di quaranta giorni dalla data di sottoscrizione iniziale dell'ipotesi di accordo; 
  
  g) devolvere, entro il 30 giugno 1998, al giudice ordinario, tenuto conto di 
  quanto previsto dalla lettera a), tutte le controversie relative ai rapporti 
  di lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, ancorchè concernenti 
  in via incidentale atti amministrativi presupposti, ai fini della disapplicazione, 
  prevedendo: misure organizzative e processuali anche di carattere generale atte 
  a prevenire disfunzioni dovute al sovraccarico del contenzioso; procedure stragiudiziali 
  di conciliazione e arbitrato; infine, la contestuale estensione della giurisdizione 
  del giudice amministrativo alle controversie aventi ad oggetto diritti patrimoniali 
  conseguenziali, ivi comprese quelle relative al risarcimento del danno, in materia 
  edilizia, urbanistica e di servizi pubblici, prevedendo altresì un regime 
  processuale transitorio per i procedimenti pendenti; 
  h) prevedere procedure di consultazione delle organizzazioni sindacali firmatarie 
  dei contratti collettivi dei relativi comparti prima dell'adozione degli atti 
  interni di organizzazione aventi riflessi sul rapporto di lavoro; 
  i) prevedere la definizione da parte della Presidenza del Consiglio dei ministri 
  - Dipartimento della funzione pubblica di un codice di comportamento dei dipendenti 
  della pubblica amministrazione e le modalità di raccordo con la disciplina 
  contrattuale delle sanzioni disciplinari, nonchè l'adozione di codici 
  di comportamento da parte delle singole amministrazioni pubbliche; prevedere 
  la costituzione da parte delle singole amministrazioni di organismi di controllo 
  e consulenza sull'applicazione dei codici e le modalità di raccordo degli 
  organismi stessi con il Dipartimento della funzione pubblica. 
  5. Il termine di cui all'articolo 2, comma 48, della legge 28 dicembre 1995, 
  n. 549, è riaperto fino al 31 luglio 1997. 
  6. Dalla data di entrata in vigore dei decreti legislativi di cui al comma 4, 
  sono abrogate tutte le disposizioni in contrasto con i medesimi. Sono apportate 
  le seguenti modificazioni alle disposizioni dell'articolo 2, comma 1, della 
  legge 23 ottobre 1992, n. 421: alla lettera e) le parole: "ai dirigenti 
  generali ed equiparati" sono soppresse; alla lettera i) le parole: "prevedere 
  che nei limiti di cui alla lettera h) la contrattazione sia nazionale e decentrata" 
  sono sostituite dalle seguenti: "prevedere che la struttura della contrattazione, 
  le aree di contrattazione e il rapporto tra i diversi livelli siano definiti 
  in coerenza con quelli del settore privato"; la lettera q) è abrogata; 
  alla lettera t) dopo le parole: "concorsi unici per profilo professionale" 
  sono inserite le seguenti: ", da espletarsi a livello regionale,". 
  
  7. Sono abrogati gli articoli 38 e 39 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, 
  n. 29. 
  
 
  
     Art. 12.   
  
  
  1. Nell'attuazione della delega di cui alla lettera a) del comma 1 dell'articolo 
  11 il Governo si atterrà, oltrechè ai princìpi generali 
  desumibili dalla legge 23 agosto 1988, n. 400, dalla legge 7 agosto 1990, n. 
  241, e dal decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni 
  ed integrazioni, ai seguenti princìpi e criteri direttivi: 
  a) assicurare il collegamento funzionale e operativo della Presidenza del Consiglio 
  dei ministri con le amministrazioni interessate e potenziare, ai sensi dell'articolo 
  95 della Costituzione, le autonome funzioni di impulso, indirizzo e coordinamento 
  del Presidente del Consiglio dei ministri, con eliminazione, riallocazione e 
  trasferimento delle funzioni e delle risorse concernenti compiti operativi o 
  gestionali in determinati settori, anche in relazione al conferimento di funzioni 
  di cui agli articoli 3 e seguenti; 
  b) trasferire a Ministeri o ad enti ed organismi autonomi i compiti non direttamente 
  riconducibili alle predette funzioni di impulso, indirizzo e coordinamento del 
  Presidente del Consiglio dei ministri secondo criteri di omogeneità e 
  di efficienza gestionale, ed anche ai fini della riduzione dei costi amministrativi; 
  
  c) garantire al personale inquadrato ai sensi dell'articolo 38 della legge 23 
  agosto 1988, n. 400, il diritto di opzione tra il permanere nei ruoli della 
  Presidenza del Consiglio dei ministri e il transitare nei ruoli dell'amministrazione 
  cui saranno trasferite le competenze; 
  d) trasferire alla Presidenza del Consiglio dei ministri, per l'eventuale affidamento 
  alla responsabilità dei Ministri senza portafoglio, anche funzioni attribuite 
  a questi ultimi direttamente dalla legge; 
  e) garantire alla Presidenza del Consiglio dei ministri autonomia organizzativa, 
  regolamentare e finanziaria nell'ambito dello stanziamento previsto ed approvato 
  con le leggi finanziaria e di bilancio dell'anno in corso; 
  f) procedere alla razionalizzazione e redistribuzione delle competenze tra i 
  Ministeri, tenuto conto delle esigenze derivanti dall'appartenza dello Stato 
  all'Unione europea, dei conferimenti di cui agli articoli 3 e seguenti e dei 
  principi e dei criteri direttivi indicati dall'articolo 4 e dal presente articolo, 
  in ogni caso riducendone il numero, anche con decorrenza differita all'inizio 
  della nuova legislatura; 
  g) eliminare le duplicazioni organizzative e funzionali, sia all'interno di 
  ciascuna amministrazione, sia fra di esse, sia tra organi amministrativi e organi 
  tecnici, con eventuale trasferimento, riallocazione o unificazione delle funzioni 
  e degli uffici esistenti, e ridisegnare le strutture di primo livello, anche 
  mediante istituzione di dipartimenti o di amministrazioni ad ordinamento autonomo 
  risultanti dalla aggregazione di uffici di diverse amministrazioni, sulla base 
  di criteri di omogeneità, di complementarietà e di organicità; 
  
  h) riorganizzare e razionalizzare, sulla base dei medesimi criteri e in coerenza 
  con quanto previsto dal capo I della presente legge, gli organi di rappresentanza 
  periferica dello Stato con funzioni di raccordo, supporto e collaborazione con 
  le regioni e gli enti locali; 
  i) procedere, d'intesa con le regioni interessate, all'articolazione delle attività 
  decentrate e dei servizi pubblici, in qualunque forma essi siano gestiti o sottoposti 
  al controllo dell'amministrazione centrale dello Stato, in modo che, se organizzati 
  a livello sovraregionale, ne sia assicurata la fruibilità alle comunità, 
  considerate unitariamente dal punto di vista regionale. Qualora esigenze organizzative 
  o il rispetto di standard dimensionali impongano l'accorpamento di funzioni 
  amministrative statali con riferimento a dimensioni sovraregionali, deve essere 
  comunque fatta salva l'unità di ciascuna regione; 
  l) riordinare le residue strutture periferiche dei Ministeri, dislocate presso 
  ciascuna provincia, in modo da realizzare l'accorpamento e la concentrazione, 
  sotto il profilo funzionale, organizzativo e logistico, di tutte quelle presso 
  le quali i cittadini effettuano operazioni o pratiche di versamento di debiti 
  o di riscossione di crediti a favore o a carico dell'Erario dello Stato; 
  m) istituire, anche in parallelo all'evolversi della struttura del bilancio 
  dello Stato ed alla attuazione dell'articolo 14 del decreto legislativo 3 febbraio 
  1993, n. 29, e successive modificazioni, un più razionale collegamento 
  tra gestione finanziaria ed azione amministrativa, organizzando le strutture 
  per funzioni omogenee e per centri di imputazione delle responsabilità; 
  
  n) rivedere, senza aggravi di spesa e, per il personale disciplinato dai contratti 
  collettivi nazionali di lavoro, fino ad una specifica disciplina contrattuale, 
  il trattamento economico accessorio degli addetti ad uffici di diretta collaborazione 
  dei Ministri, prevedendo, a fronte delle responsabilità e degli obblighi 
  di reperibilità e disponibilità ad orari disagevoli, un unico 
  emolumento, sostitutivo delle ore di lavoro straordinario autorizzabili in via 
  aggiuntiva e dei compensi di incentivazione o similari; 
  o) diversificare le funzioni di staff e di line, e fornire criteri generali 
  e princìpi uniformi per la disciplina degli uffici posti alle dirette 
  dipendenze del Ministro, in funzione di supporto e di raccordo tra organo di 
  direzione politica e amministrazione e della necessità di impedire, agli 
  uffici di diretta collaborazione con il Ministro, lo svolgimento di attività 
  amministrative rientranti nelle competenze dei dirigenti ministeriali; 
  p) garantire la speditezza dell'azione amministrativa e il superamento della 
  frammentazione delle procedure, anche attraverso opportune modalità e 
  idonei strumenti di coordinamento tra uffici, anche istituendo i centri interservizi, 
  sia all'interno di ciascuna amministrazione, sia fra le diverse amministrazioni; 
  razionalizzare gli organi collegiali esistenti anche mediante soppressione, 
  accorpamento e riduzione del numero dei componenti; 
  q) istituire servizi centrali per la cura delle funzioni di controllo interno, 
  che dispongano di adeguati servizi di supporto ed operino in collegamento con 
  gli uffici di statistica istituiti ai sensi del decreto legislativo 6 settembre 
  1989, n. 322, prevedendo interventi sostitutivi nei confronti delle singole 
  amministrazioni che non provvedano alla istituzione dei servizi di controllo 
  interno entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo; 
  
  r) organizzare le strutture secondo criteri di flessibilità, per consentire 
  sia lo svolgimento dei compiti permanenti, sia il perseguimento di specifici 
  obiettivi e missioni; 
  s) realizzare gli eventuali processi di mobilità ricorrendo, in via prioritaria, 
  ad accordi di mobilità su base territoriale, ai sensi dell'articolo 35, 
  comma 8, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni, 
  prevedendo anche per tutte le amministrazioni centrali interessate dai processi 
  di trasferimento di cui all'articolo 1 della presente legge, nonchè di 
  razionalizzazione, riordino e fusione di cui all'articolo 11, comma 1, lettera 
  a), procedure finalizzate alla riqualificazione professionale per il personale 
  di tutte le qualifiche e i livelli per la copertura dei posti disponibili a 
  seguito della definizione delle piante organiche e con le modalità previste 
  dall'articolo 3, commi 205 e 206, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, fermo 
  restando che le singole amministrazioni provvedono alla copertura degli oneri 
  finanziari attraverso i risparmi di gestione sui propri capitoli di bilancio; 
  
  t) prevedere che i processi di riordinamento e razionalizzazione sopra indicati 
  siano accompagnati da adeguati processi formativi che ne agevolino l'attuazione, 
  all'uopo conferendo apposite attribuzioni alla Scuola superiore della pubblica 
  amministrazione; prevedere che, a tal fine, il contingente di personale indicato 
  nel regolamento recante disposizioni per l'organizzazione ed il funzionamento 
  della Scuola superiore sia considerato aggiuntivo rispetto ai contingenti di 
  cui alle tabelle A e B allegate alla legge 23 agosto 1988, n. 400; prevedere 
  che il 50 per cento del contingente medesimo sia riservato al personale in posizione 
  di comando e di fuori ruolo; prevedere che le amministrazioni, se la richiesta 
  di comando è motivata da attività svolte dalla Scuola superiore 
  nel loro interesse, debbano dar corso alla richiesta. 
  2. Nell'ambito dello stato di previsione della Presidenza del Consiglio dei 
  ministri, relativamente alle rubriche non affidate alla responsabilità 
  di Ministri, il Presidente del Consiglio dei ministri può disporre variazioni 
  compensative, in termini di competenza e di cassa, da adottare con decreto del 
  Ministro del tesoro. 
  3. Il personale di ruolo della Presidenza del Consiglio dei ministri, comunque 
  in servizio da almeno un anno alla data di entrata in vigore della presente 
  legge presso altre amministrazioni pubbliche, enti pubblici non economici ed 
  autorità indipendenti, è, a domanda, inquadrato nei ruoli delle 
  amministrazioni, autorità ed enti pubblici presso i quali presta servizio, 
  ove occorra in soprannumero; le dotazioni organiche di cui alle tabelle A, B 
  e C allegate alla legge 23 agosto 1988, n. 400, sono corrispondentemente ridotte. 
  
  
 
  
     Art. 13.   
  
  
  1. All'articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, 
  è aggiunto il seguente comma: 
  "4-bis. L'organizzazione e la disciplina degli uffici dei Ministeri sono 
  determinate, con regolamenti emanati ai sensi del comma 2, su proposta del Ministro 
  competente d'intesa con il Presidente del Consiglio dei ministri e con il Ministro 
  del tesoro, nel rispetto dei princìpi posti dal decreto legislativo 3 
  febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni, con i contenuti e con l'osservanza 
  dei criteri che seguono: 
  a) riordino degli uffici di diretta collaborazione con i Ministri ed i Sottosegretari 
  di Stato, stabilendo che tali uffici hanno esclusive competenze di supporto 
  dell'organo di direzione politica e di raccordo tra questo e l'amministrazione; 
  
  b) individuazione degli uffici di livello dirigenziale generale, centrali e 
  periferici, mediante diversificazione tra strutture con funzioni finali e con 
  funzioni strumentali e loro organizzazione per funzioni omogenee e secondo criteri 
  di flessibilità eliminando le duplicazioni funzionali; 
  c) previsione di strumenti di verifica periodica dell'organizzazione e dei risultati; 
  
  d) indicazione e revisione periodica della consistenza delle piante organiche; 
  
  e) previsione di decreti ministeriali di natura non regolamentare per la definizione 
  dei compiti delle unità dirigenziali nell'ambito degli uffici dirigenziali 
  generali". 
  2. Gli schemi di regolamento di cui al comma 4-bis dell'articolo 17 della legge 
  23 agosto 1988, n. 400, introdotto dal comma 1 del presente articolo, sono trasmessi 
  alla Camera dei deputati ed al Senato della Repubblica perchè su di essi 
  sia espresso il parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia 
  entro trenta giorni dalla data della loro trasmissione. Decorso il termine senza 
  che i pareri siano stati espressi, il Governo adotta comunque i regolamenti. 
  
  3. I regolamenti di cui al comma 4-bis dell'articolo 17 della legge 23 agosto 
  1988, n. 400, introdotto dal comma 1 del presente articolo, sostituiscono, per 
  i soli Ministeri, i decreti di cui all'articolo 6, commi 1 e 2, del decreto 
  legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, come sostituito dall'articolo 4 del decreto 
  legislativo 23 dicembre 1993, n. 546, fermo restando il comma 4 del predetto 
  articolo 6. I regolamenti già emanati o adottati restano in vigore fino 
  alla emanazione dei regolamenti di cui al citato articolo 17, comma 4-bis, della 
  legge 23 agosto 1988, n. 400, introdotto dal comma 1 del presente articolo. 
  
  
 
  
     Art. 14.   
  
  
  1. Nell'attuazione della delega di cui alla lettera b) del comma 1 dell'articolo 
  11, il Governo perseguirà l'obiettivo di una complessiva riduzione dei 
  costi amministrativi e si atterrà, oltrechè ai princìpi 
  generali desumibili dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, 
  dal decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni, 
  dall'articolo 3, comma 6, della legge 14 gennaio 1994, n. 20, ai seguenti princìpi 
  e criteri direttivi: 
  a) fusione o soppressione di enti con finalità omologhe o complementari, 
  trasformazione di enti per i quali l'autonomia non sia necessaria o funzionalmente 
  utile in ufficio dello Stato o di altra amministrazione pubblica, ovvero in 
  struttura di università, con il consenso della medesima, ovvero liquidazione 
  degli enti inutili; per i casi di cui alla presente lettera il Governo è 
  tenuto a presentare contestuale piano di utilizzo del personale ai sensi dell'articolo 
  12, comma 1, lettera s), in carico ai suddetti enti; 
  b) trasformazione in associazioni o in persone giuridiche di diritto privato 
  degli enti che non svolgono funzioni o servizi di rilevante interesse pubblico 
  nonchè di altri enti per il cui funzionamento non è necessaria 
  la personalità di diritto pubblico; trasformazione in ente pubblico economico 
  o in società di diritto privato di enti ad alto indice di autonomia finanziaria; 
  per i casi di cui alla presente lettera il Governo è tenuto a presentare 
  contestuale piano di utilizzo del personale ai sensi dell'articolo 12, comma 
  1, lettera s), in carico ai suddetti enti; 
  c) omogeneità di organizzazione per enti omologhi di comparabile rilevanza, 
  anche sotto il profilo delle procedure di nomina degli organi statutari, e riduzione 
  funzionale del numero di componenti degli organi collegiali; 
  d) razionalizzazione ed omogeneizzazione dei poteri di vigilanza ministeriale, 
  con esclusione, di norma, di rappresentanti ministeriali negli organi di amministrazione, 
  e nuova disciplina del commissariamento degli enti; 
  e) contenimento delle spese di funzionamento, anche attraverso ricorso obbligatorio 
  a forme di comune utilizzo di contraenti ovvero di organi, in analogia a quanto 
  previsto dall'articolo 20, comma 7, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, 
  n. 29, e successive modificazioni; 
  f) programmazione atta a favorire la mobilità e l'ottimale utilizzo delle 
  strutture impiantistiche. 
  
 
  
     Art. 15.   
  
  
  1. Al fine della realizzazione della rete unitaria delle pubbliche amministrazioni, 
  l'Autorità per l'informatica nella pubblica amministrazione è 
  incaricata, per soddisfare esigenze di coordinamento, qualificata competenza 
  e indipendenza di giudizio, di stipulare, nel rispetto delle vigenti norme in 
  materia di scelta del contraente, uno o più contratti-quadro con cui 
  i prestatori dei servizi e delle forniture relativi al trasporto dei dati e 
  all'interoperabilità si impegnano a contrarre con le singole amministrazioni 
  alle condizioni ivi stabilite. Le amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 
  1, del decreto legislativo 12 febbraio 1993, n. 39, in relazione alle proprie 
  esigenze, sono tenute a stipulare gli atti esecutivi dei predetti contratti-quadro. 
  Gli atti esecutivi non sono soggetti al parere dell'Autorità per l'informatica 
  nella pubblica amministrazione e, ove previsto, del Consiglio di Stato. Le amministrazioni 
  non ricomprese tra quelle di cui all'articolo 1, comma 1, del decreto legislativo 
  12 febbraio 1993, n. 39, hanno facoltà di stipulare gli atti esecutivi 
  di cui al presente comma. 
  2. Gli atti, dati e documenti formati dalla pubblica amministrazione e dai privati 
  con strumenti informatici o telematici, i contratti stipulati nelle medesime 
  forme, nonchè la loro archiviazione e trasmissione con strumenti informatici, 
  sono validi e rilevanti a tutti gli effetti di legge. I criteri e le modalità 
  di applicazione del presente comma sono stabiliti, per la pubblica amministrazione 
  e per i privati, con specifici regolamenti da emanare entro centottanta giorni 
  dalla data di entrata in vigore della presente legge ai sensi dell'articolo 
  17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400. Gli schemi dei regolamenti 
  sono trasmessi alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica per l'acquisizione 
  del parere delle competenti Commissioni. 
  
 
  
     Art. 16.   
  
  
  1. Il Comitato scientifico di cui all'articolo 2, comma 3, della legge 24 dicembre 
  1993, n. 537, individua, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della 
  presente legge, sulla base dei criteri stabiliti con decreto del Ministro per 
  la funzione pubblica, previa ricognizione delle attività già espletate 
  ivi comprese quelle relative a progetti in corso, i progetti più strettamente 
  finalizzati alla modernizzazione delle pubbliche amministrazioni, all'efficacia 
  e all'efficienza dei servizi pubblici nel quadro di una ottimizzazione e razionalizzazione 
  dell'utilizzazione delle risorse finanziarie. Il Comitato procede altresì 
  alla verifica di congruità dei costi di attuazione dei progetti selezionati 
  ed alla eventuale riduzione della spesa autorizzata. 
  2. Ai progetti selezionati e verificati ai sensi del comma 1 si applicano le 
  procedure di cui all'articolo 2, commi 1, 2, 3 e 6, della legge 24 dicembre 
  1993, n. 537, e al decreto del Presidente della Repubblica 19 aprile 1994, n. 
  303. I progetti non selezionati o per i quali non sia stata accettata la rideterminazione 
  dei costi non possono avere ulteriore esecuzione. Con decreto del Ministro per 
  la funzione pubblica è dichiarata la revoca dell'approvazione dei predetti 
  progetti ed è determinato il rimborso delle spese per le attività 
  già svolte e per i costi sostenuti relativamente ad essi. 
  3. Le somme recuperate ai sensi del presente articolo affluiscono allo stato 
  di previsione dell'entrata del bilancio dello Stato e sono riassegnate con decreto 
  del Ministro del tesoro ai capitoli 2557, 2560 e 2543 dello stato di previsione 
  della Presidenza del Consiglio dei ministri per la realizzazione di nuovi progetti 
  per l'attuazione dei processi di riforma della pubblica amministrazione previsti 
  dalla presente legge, secondo le procedure di cui all'articolo 2, commi 1, 2, 
  3 e 6, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, e al decreto del Presidente della 
  Repubblica 19 aprile 1994, n. 303, nonchè per attività di studio 
  e ricerca per l'elaborazione di schemi normativi necessari per la predisposizione 
  dei provvedimenti attuativi di cui alla presente legge, svolta anche in forma 
  collegiale. 
  
 
  
     Art. 17.   
  
  
  1. Nell'attuazione della delega di cui alla lettera c) del comma 1 dell'articolo 
  11 il Governo si atterrà, oltrechè ai princìpi generali 
  desumibili dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, dal 
  decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni, dall'articolo 
  3, comma 6, della legge 14 gennaio 1994, n. 20, ai seguenti princìpi 
  e criteri direttivi: 
  a) prevedere che ciascuna amministrazione organizzi un sistema informativo-statistico 
  di supporto al controllo interno di gestione, alimentato da rilevazioni periodiche, 
  al massimo annuali, dei costi, delle attività e dei prodotti; 
  b) prevedere e istituire sistemi per la valutazione, sulla base di parametri 
  oggettivi, dei risultati dell'attività amministrativa e dei servizi pubblici 
  favorendo ulteriormente l'adozione di carte dei servizi e assicurando in ogni 
  caso sanzioni per la loro violazione, e di altri strumenti per la tutela dei 
  diritti dell'utente e per la sua partecipazione, anche in forme associate, alla 
  definizione delle carte dei servizi ed alla valutazione dei risultati; 
  c) prevedere che ciascuna amministrazione provveda periodicamente e comunque 
  annualmente alla elaborazione di specifici indicatori di efficacia, efficienza 
  ed economicità ed alla valutazione comparativa dei costi, rendimenti 
  e risultati; 
  d) collegare l'esito dell'attività di valutazione dei costi, dei rendimenti 
  e dei risultati alla allocazione annuale delle risorse; 
  e) costituire presso la Presidenza del Consiglio dei ministri una banca dati 
  sull'attività di valutazione, collegata con tutte le amministrazioni 
  attraverso i sistemi di cui alla lettera a) ed il sistema informatico del Ministero 
  del tesoro - Ragioneria generale dello Stato e accessibile al pubblico, con 
  modalità da definire con regolamento da emanare ai sensi dell'articolo 
  17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400. 
  2. Il Presidente del Consiglio dei ministri presenta annualmente una relazione 
  al Parlamento circa gli esiti delle attività di cui al comma 1. 
  
 
  
     Art. 18.   
  
  
  1. Nell'attuazione della delega di cui all'articolo 11, comma 1, lettera d), 
  il Governo, oltre a quanto previsto dall'articolo 14 della presente legge, si 
  attiene ai seguenti ulteriori princìpi e criteri direttivi: 
  a) individuazione di una sede di indirizzo strategico e di coordinamento della 
  politica nazionale della ricerca, anche con riferimento alla dimensione europea 
  e internazionale della ricerca; 
  b) riordino, secondo criteri di programmazione, degli enti operanti nel settore, 
  della loro struttura, del loro funzionamento e delle procedure di assunzione 
  del personale, nell'intento di evitare duplicazioni per i medesimi obiettivi, 
  di promuovere e di collegare realtà operative di eccellenza, di assicurare 
  il massimo livello di flessibilità, di autonomia e di efficienza, nonchè 
  una più agevole stipula di intese, accordi di programma e consorzi; 
  c) ridefinire la disciplina e lo snellimento delle procedure per il sostegno 
  della ricerca scientifica, tecnologica e spaziale e per la promozione del trasferimento 
  e della diffusione della tecnologia nell'industria, in particolare piccola e 
  media, individuando un momento decisionale unitario al fine di evitare, anche 
  con il riordino degli organi consultivi esistenti, sovrapposizioni di interventi 
  da parte delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del 
  decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, riordinando gli enti operanti nel 
  settore secondo criteri di programmazione e di valutazione, in aggiunta a quelli 
  previsti dall'articolo 14 della presente legge, favorendo inoltre la mobilità 
  del personale e prevedendo anche forme di partecipazione dello Stato ad organismi 
  costituiti dalle organizzazioni imprenditoriali e dagli enti di settore o di 
  convenzionamento con essi; 
  d) previsione di organismi, strumenti e procedure per la valutazione dei risultati 
  dell'attività di ricerca e dell'impatto dell'innovazione tecnologica 
  sulla vita economica e sociale; 
  e) riordino degli organi consultivi, assicurando una rappresentanza, oltre che 
  alle componenti universitarie e degli enti di ricerca, anche al mondo della 
  produzione e dei servizi; 
  f) programmazione e coordinamento dei flussi finanziari in ordine agli obiettivi 
  generali della politica di ricerca; 
  g) adozione di misure che valorizzino la professionalità e l'autonomia 
  dei ricercatori e ne favoriscano la mobilità interna ed esterna tra enti 
  di ricerca, università, scuola e imprese. 
  2. In sede di prima attuazione e ai fini dell'adeguamento alla vigente normativa 
  comunitaria in materia, il Ministro dell'università e della ricerca scientifica 
  e tecnologica è autorizzato ad aggiornare, con propri decreti, i limiti, 
  le forme e le modalità di intervento e di finanziamento previsti dalle 
  disposizioni di cui al n. 41 dell'allegato 1, previsto dall'articolo 20, comma 
  8, della presente legge, ferma restando l'applicazione dell'articolo 11, secondo 
  comma, della legge 17 febbraio 1982, n. 46, ai programmi di ricerca finanziati 
  a totale carico dello Stato. 
  3. Il Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica, 
  entro quattro mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, trasmette 
  alle Camere una relazione sulle linee di riordino del sistema della ricerca, 
  nella quale: 
  a) siano censiti e individuati i soggetti già operanti nel settore o 
  da istituire, articolati per tipologie e funzioni; 
  b) sia indicata la natura della loro autonomia e dei rispettivi meccanismi di 
  governo e di funzionamento; 
  c) sia delineata la tipologia degli interventi per la programmazione e la valutazione, 
  nonchè di quelli riguardanti la professionalità e la mobilità 
  dei ricercatori. 
  
 
  
     Art. 19.   
  
  
  1. Sui provvedimenti di attuazione delle norme previste dal presente capo aventi 
  riflessi sull'organizzazione del lavoro o sullo stato giuridico dei pubblici 
  dipendenti sono sentite le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative.
 
   
  
     Capo III 
    Art. 20. 
      
  
   1. Il Governo, entro il 31 gennaio di ogni anno, presenta 
  al Parlamento un disegno di legge per la delegificazione di norme concernenti 
  procedimenti amministrativi, anche coinvolgenti amministrazioni centrali, locali 
  o autonome, indicando i criteri per l'esercizio della potestà regolamentare 
  nonchè i procedimenti oggetto della disciplina, salvo quanto previsto 
  alla lettera a) del comma 5. In allegato al disegno di legge è presentata 
  una relazione sullo stato di attuazione della semplificazione dei procedimenti 
  amministrativi. 
  2. Con lo stesso disegno di legge di cui al comma 1, il Governo individua i 
  procedimenti relativi a funzioni e servizi che, per le loro caratteristiche 
  e per la loro pertinenza alle comunità territoriali, sono attribuiti 
  alla potestà normativa delle regioni e degli enti locali, e indica i 
  princìpi che restano regolati con legge della Repubblica ai sensi degli 
  articoli 117, primo e secondo comma, e 128 della Costituzione. 
  3. I regolamenti sono emanati con decreto del Presidente della Repubblica, previa 
  deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del Presidente del Consiglio 
  dei ministri - Dipartimento della funzione pubblica, di concerto con il Ministro 
  competente, previa acquisizione del parere delle competenti Commissioni parlamentari 
  e del Consiglio di Stato. A tal fine la Presidenza del Consiglio dei ministri, 
  ove necessario, promuove, anche su richiesta del Ministro competente, riunioni 
  tra le amministrazioni interessate. Decorsi trenta giorni dalla richiesta di 
  parere alle Commissioni, i regolamenti possono essere comunque emanati. 
  4. I regolamenti entrano in vigore il sessantesimo giorno successivo alla data 
  della loro pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. 
  Con effetto dalla stessa data sono abrogate le norme, anche di legge, regolatrici 
  dei procedimenti. 
  5. I regolamenti si conformano ai seguenti criteri e princìpi: 
  a) semplificazione dei procedimenti amministrativi, e di quelli che agli stessi 
  risultano strettamente connessi o strumentali, in modo da ridurre il numero 
  delle fasi procedimentali e delle amministrazioni intervenienti, anche riordinando 
  le competenze degli uffici, accorpando le funzioni per settori omogenei, sopprimendo 
  gli organi che risultino superflui e costituendo centri interservizi dove raggruppare 
  competenze diverse ma confluenti in una unica procedura; 
  b) riduzione dei termini per la conclusione dei procedimenti e uniformazione 
  dei tempi di conclusione previsti per procedimenti tra loro analoghi; 
  c) regolazione uniforme dei procedimenti dello stesso tipo che si svolgono presso 
  diverse amministrazioni o presso diversi uffici della medesima amministrazione; 
  
  d) riduzione del numero di procedimenti amministrativi e accorpamento dei procedimenti 
  che si riferiscono alla medesima attività, anche riunendo in una unica 
  fonte regolamentare, ove ciò corrisponda ad esigenze di semplificazione 
  e conoscibilità normativa, disposizioni provenienti da fonti di rango 
  diverso, ovvero che pretendono particolari procedure, fermo restando l'obbligo 
  di porre in essere le procedure stesse; 
  e) semplificazione e accelerazione delle procedure di spesa e contabili, anche 
  mediante adozione ed estensione alle fasi di integrazione dell'efficacia degli 
  atti, di disposizioni analoghe a quelle di cui all'articolo 51, comma 2, del 
  decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni; 
  f) trasferimento ad organi monocratici o ai dirigenti amministrativi di funzioni 
  anche decisionali, che non richiedano, in ragione della loro specificità, 
  l'esercizio in forma collegiale, e sostituzione degli organi collegiali con 
  conferenze di servizi o con interventi, nei relativi procedimenti, dei soggetti 
  portatori di interessi diffusi; 
  g) individuazione delle responsabilità e delle procedure di verifica 
  e controllo; 
  h) previsione, per i casi di mancato rispetto del termine del procedimento, 
  di mancata o ritardata adozione del provvedimento, di ritardato o incompleto 
  assolvimento degli obblighi e delle prestazioni da parte della pubblica amministrazione, 
  di forme di indennizzo automatico e forfettario a favore dei soggetti richiedenti 
  il provvedimento; contestuale individuazione delle modalità di pagamento 
  e degli uffici che assolvono all'obbligo di corrispondere l'indennizzo, assicurando 
  la massima pubblicità e conoscenza da parte del pubblico delle misure 
  adottate e la massima celerità nella corresponsione dell'indennizzo stesso. 
  
  6. I servizi di controllo interno compiono accertamenti sugli effetti prodotti 
  dalle norme contenute nei regolamenti di semplificazione e di accelerazione 
  dei procedimenti amministrativi e possono formulare osservazioni e proporre 
  suggerimenti per la modifica delle norme stesse e per il miglioramento dell'azione 
  amministrativa. 
  7. Le regioni a statuto ordinario regolano le materie disciplinate dai commi 
  da 1 a 6 nel rispetto dei princìpi desumibili dalle disposizioni in essi 
  contenute, che costituiscono princìpi generali dell'ordinamento giuridico. 
  Tali disposizioni operano direttamente nei riguardi delle regioni fino a quando 
  esse non avranno legiferato in materia. Entro un anno dalla data di entrata 
  in vigore della presente legge, le regioni a statuto speciale e le province 
  autonome di Trento e di Bolzano provvedono ad adeguare i rispettivi ordinamenti 
  alle norme fondamentali contenute nella legge medesima. 
  8. In sede di prima attuazione della presente legge e nel rispetto dei principi, 
  criteri e modalità di cui al presente articolo, quali norme generali 
  regolatrici, sono emanati appositi regolamenti ai sensi e per gli effetti dell'articolo 
  17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, per disciplinare i procedimenti 
  di cui all'allegato 1 alla presente legge, nonchè le seguenti materie: 
  
  a) sviluppo e programmazione del sistema universitario, di cui alla legge 7 
  agosto 1990, n. 245, e successive modificazioni, nonchè valutazione del 
  medesimo sistema, di cui alla legge 24 dicembre 1993, n. 537, e successive modificazioni; 
  
  b) composizione e funzioni degli organismi collegiali nazionali e locali di 
  rappresentanza e coordinamento del sistema universitario, prevedendo altresì 
  l'istituzione di un Consiglio nazionale degli studenti, eletto dai medesimi, 
  con compiti consultivi e di proposta; 
  c) interventi per il diritto allo studio e contributi universitari. Le norme 
  sono finalizzate a garantire l'accesso agli studi universitari agli studenti 
  capaci e meritevoli privi di mezzi, a ridurre il tasso di abbandono degli studi, 
  a determinare percentuali massime dell'ammontare complessivo della contribuzione 
  a carico degli studenti in rapporto al finanziamento ordinario dello Stato per 
  le università, graduando la contribuzione stessa, secondo criteri di 
  equità, solidarietà e progressività in relazione alle condizioni 
  economiche del nucleo familiare, nonchè a definire parametri e metodologie 
  adeguati per la valutazione delle effettive condizioni economiche dei predetti 
  nuclei. Le norme di cui alla presente lettera sono soggette a revisione biennale, 
  sentite le competenti Commissioni parlamentari; 
  d) procedure per il conseguimento del titolo di dottore di ricerca, di cui all'articolo 
  73 del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382, e procedimento 
  di approvazione degli atti dei concorsi per ricercatore in deroga all'articolo 
  5, comma 9, della legge 24 dicembre 1993, n. 537; 
  e) procedure per l'accettazione da parte delle università di eredità, 
  donazioni e legati, prescindendo da ogni autorizzazione preventiva, ministeriale 
  o prefettizia. 
  9. I regolamenti di cui al comma 8, lettere a), b) e c), sono emanati previo 
  parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia. 
  10. In attesa dell'entrata in vigore delle norme di cui al comma 8, lettera 
  c), il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, previsto dall'articolo 
  4 della legge 2 dicembre 1991, n. 390, è emanato anche nelle more della 
  costituzione della Consulta nazionale per il diritto agli studi universitari 
  di cui all'articolo 6 della medesima legge. 
  11. Con il disegno di legge di cui al comma 1, il Governo propone annualmente 
  al Parlamento le norme di delega ovvero di delegificazione necessarie alla compilazione 
  di testi unici legislativi o regolamentari, con particolare riferimento alle 
  materie interessate dalla attuazione della presente legge. In sede di prima 
  attuazione della presente legge, il Governo è delegato ad emanare, entro 
  il termine di sei mesi decorrenti dalla data di entrata in vigore dei decreti 
  legislativi di cui all'articolo 4, norme per la delegificazione delle materie 
  di cui all'articolo 4, comma 4, lettera c), non coperte da riserva assoluta 
  di legge, nonchè testi unici delle leggi che disciplinano i settori di 
  cui al medesimo articolo 4, comma 4, lettera c), anche attraverso le necessarie 
  modifiche, integrazioni o abrogazioni di norme, secondo i criteri previsti dagli 
  articoli 14 e 17 e dal presente articolo. 
  
 
  
    Capo IV 
    Art. 21. 
      
  
   1. L'autonomia delle istituzioni scolastiche e degli istituti 
  educativi si inserisce nel processo di realizzazione della autonomia e della 
  riorganizzazione dell'intero sistema formativo. Ai fini della realizzazione 
  della autonomia delle istituzioni scolastiche le funzioni dell'Amministrazione 
  centrale e periferica della pubblica istruzione in materia di gestione del servizio 
  di istruzione, fermi restando i livelli unitari e nazionali di fruizione del 
  diritto allo studio nonchè gli elementi comuni all'intero sistema scolastico 
  pubblico in materia di gestione e programmazione definiti dallo Stato, sono 
  progressivamente attribuite alle istituzioni scolastiche, attuando a tal fine 
  anche l'estensione ai circoli didattici, alle scuole medie, alle scuole e agli 
  istituti di istruzione secondaria, della personalità giuridica degli 
  istituti tecnici e professionali e degli istituti d'arte ed ampliando l'autonomia 
  per tutte le tipologie degli istituti di istruzione, anche in deroga alle norme 
  vigenti in materia di contabilità dello Stato. Le disposizioni del presente 
  articolo si applicano anche agli istituti educativi, tenuto conto delle loro 
  specificità ordinamentali. 
  2. Ai fini di quanto previsto nel comma 1, si provvede con uno o più 
  regolamenti da adottare ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 
  1988, n. 400, nel termine di nove mesi dalla data di entrata in vigore della 
  presente legge, sulla base dei criteri generali e princìpi direttivi 
  contenuti nei commi 3, 4, 5, 7, 8, 9, 10 e 11 del presente articolo. Sugli schemi 
  di regolamento è acquisito, anche contemporaneamente al parere del Consiglio 
  di Stato, il parere delle competenti Commissioni parlamentari. Decorsi sessanta 
  giorni dalla richiesta di parere alle Commissioni, i regolamenti possono essere 
  comunque emanati. Con i regolamenti predetti sono dettate disposizioni per armonizzare 
  le norme di cui all'articolo 355 del testo unico approvato con decreto legislativo 
  16 aprile 1994, n. 297, con quelle della presente legge. 
  3. I requisiti dimensionali ottimali per l'attribuzione della personalità 
  giuridica e dell'autonomia alle istituzioni scolastiche di cui al comma 1, anche 
  tra loro unificate nell'ottica di garantire agli utenti una più agevole 
  fruizione del servizio di istruzione, e le deroghe dimensionali in relazione 
  a particolari situazioni territoriali o ambientali sono individuati in rapporto 
  alle esigenze e alla varietà delle situazioni locali e alla tipologia 
  dei settori di istruzione compresi nell'istituzione scolastica. Le deroghe dimensionali 
  saranno automaticamente concesse nelle province il cui territorio è per 
  almeno un terzo montano, in cui le condizioni di viabilità statale e 
  provinciale siano disagevoli e in cui vi sia una dispersione e rarefazione di 
  insediamenti abitativi. 
  4. La personalità giuridica e l'autonomia sono attribuite alle istituzioni 
  scolastiche di cui al comma 1 a mano a mano che raggiungono i requisiti dimensionali 
  di cui al comma 3 attraverso piani di dimensionamento della rete scolastica, 
  e comunque non oltre il 31 dicembre 2000 contestualmente alla gestione di tutte 
  le funzioni amministrative che per loro natura possono essere esercitate dalle 
  istituzioni autonome. In ogni caso il passaggio al nuovo regime di autonomia 
  sarà accompagnato da apposite iniziative di formazione del personale, 
  da una analisi delle realtà territoriali, sociali ed economiche delle 
  singole istituzioni scolastiche per l'adozione dei conseguenti interventi perequativi 
  e sarà realizzato secondo criteri di gradualità che valorizzino 
  le capacità di iniziativa delle istituzioni stesse. 
  5. La dotazione finanziaria essenziale delle istituzioni scolastiche già 
  in possesso di personalità giuridica e di quelle che l'acquistano ai 
  sensi del comma 4 è costituita dall'assegnazione dello Stato per il funzionamento 
  amministrativo e didattico, che si suddivide in assegnazione ordinaria e assegnazione 
  perequativa. Tale dotazione finanziaria è attribuita senza altro vincolo 
  di destinazione che quello dell'utilizzazione prioritaria per lo svolgimento 
  delle attività di istruzione, di formazione e di orientamento proprie 
  di ciascuna tipologia e di ciascun indirizzo di scuola. 
  6. Sono abrogate le disposizioni che prevedono autorizzazioni preventive per 
  l'accettazione di donazioni, eredità e legati da parte delle istituzioni 
  scolastiche, ivi compresi gli istituti superiori di istruzione artistica, delle 
  fondazioni o altre istituzioni aventi finalità di educazione o di assistenza 
  scolastica. Sono fatte salve le vigenti disposizioni di legge o di regolamento 
  in materia di avviso ai successibili. Sui cespiti ereditari e su quelli ricevuti 
  per donazione non sono dovute le imposte in vigore per le successioni e le donazioni. 
  
  7. Le istituzioni scolastiche che abbiano conseguito personalità giuridica 
  e autonomia ai sensi del comma 1 e le istituzioni scolastiche già dotate 
  di personalità e autonomia, previa realizzazione anche per queste ultime 
  delle operazioni di dimensionamento di cui al comma 4, hanno autonomia organizzativa 
  e didattica, nel rispetto degli obiettivi del sistema nazionale di istruzione 
  e degli standard di livello nazionale. 
  8. L'autonomia organizzativa è finalizzata alla realizzazione della flessibilità, 
  della diversificazione, dell'efficienza e dell'efficacia del servizio scolastico, 
  alla integrazione e al miglior utilizzo delle risorse e delle strutture, all'introduzione 
  di tecnologie innovative e al coordinamento con il contesto territoriale. Essa 
  si esplica liberamente, anche mediante superamento dei vincoli in materia di 
  unità oraria della lezione, dell'unitarietà del gruppo classe 
  e delle modalità di organizzazione e impiego dei docenti, secondo finalità 
  di ottimizzazione delle risorse umane, finanziarie, tecnologiche, materiali 
  e temporali, fermi restando i giorni di attività didattica annuale previsti 
  a livello nazionale, la distribuzione dell'attività didattica in non 
  meno di cinque giorni settimanali, il rispetto dei complessivi obblighi annuali 
  di servizio dei docenti previsti dai contratti collettivi che possono essere 
  assolti invece che in cinque giorni settimanali anche sulla base di un'apposita 
  programmazione plurisettimanale. 
  9. L'autonomia didattica è finalizzata al perseguimento degli obiettivi 
  generali del sistema nazionale di istruzione, nel rispetto della libertà 
  di insegnamento, della libertà di scelta educativa da parte delle famiglie 
  e del diritto ad apprendere. Essa si sostanzia nella scelta libera e programmata 
  di metodologie, strumenti, organizzazione e tempi di insegnamento, da adottare 
  nel rispetto della possibile pluralità di opzioni metodologiche, e in 
  ogni iniziativa che sia espressione di libertà progettuale, compresa 
  l'eventuale offerta di insegnamenti opzionali, facoltativi o aggiuntivi e nel 
  rispetto delle esigenze formative degli studenti. A tal fine, sulla base di 
  quanto disposto dall'articolo 1, comma 71, della legge 23 dicembre 1996, n. 
  662, sono definiti criteri per la determinazione degli organici funzionali di 
  istituto, fermi restando il monte annuale orario complessivo previsto per ciascun 
  curriculum e quello previsto per ciascuna delle discipline ed attività 
  indicate come fondamentali di ciascun tipo o indirizzo di studi e l'obbligo 
  di adottare procedure e strumenti di verifica e valutazione della produttività 
  scolastica e del raggiungimento degli obiettivi. 
  10. Nell'esercizio dell'autonomia organizzativa e didattica le istituzioni scolastiche 
  realizzano, sia singolarmente che in forme consorziate, ampliamenti dell'offerta 
  formativa che prevedano anche percorsi formativi per gli adulti, iniziative 
  di prevenzione dell'abbandono e della dispersione scolastica, iniziative di 
  utilizzazione delle strutture e delle tecnologie anche in orari extrascolastici 
  e a fini di raccordo con il mondo del lavoro, iniziative di partecipazione a 
  programmi nazionali, regionali o comunitari e, nell'ambito di accordi tra le 
  regioni e l'amministrazione scolastica, percorsi integrati tra diversi sistemi 
  formativi. Le istituzioni scolastiche autonome hanno anche autonomia di ricerca, 
  sperimentazione e sviluppo nei limiti del proficuo esercizio dell'autonomia 
  didattica e organizzativa. Gli istituti regionali di ricerca, sperimentazione 
  e aggiornamento educativi, il Centro europeo dell'educazione, la Biblioteca 
  di documentazione pedagogica e le scuole ed istituti a carattere atipico di 
  cui alla parte I, titolo II, capo III, del testo unico approvato con decreto 
  legislativo 16 aprile 1994, n. 297, sono riformati come enti finalizzati al 
  supporto dell'autonomia delle istituzioni scolastiche autonome. 
  11. Con regolamento adottato ai sensi del comma 2 sono altresì attribuite 
  la personalità giuridica e l'autonomia alle Accademie di belle arti, 
  agli Istituti superiori per le industrie artistiche, ai Conservatori di musica, 
  alle Accademie nazionali di arte drammatica e di danza, secondo i principi contenuti 
  nei commi 8, 9 e 10 e con gli adattamenti resi necessari dalle specificità 
  proprie di tali istituzioni. 
  12. Le università e le istituzioni scolastiche possono stipulare convenzioni 
  allo scopo di favorire attività di aggiornamento, di ricerca e di orientamento 
  scolastico e universitario. 
  13. Con effetto dalla data di entrata in vigore delle norme regolamentari di 
  cui ai commi 2 e 11 sono abrogate le disposizioni vigenti con esse incompatibili, 
  la cui ricognizione è affidata ai regolamenti stessi. Il Governo è 
  delegato ad aggiornare e coordinare, entro un anno dalla data di entrata in 
  vigore delle predette disposizioni regolamentari, le norme del testo unico di 
  cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, apportando tutte le conseguenti 
  e necessarie modifiche. 
  14. Con decreto del Ministro della pubblica istruzione, di concerto con il Ministro 
  del tesoro, sono emanate le istruzioni generali per l'autonoma allocazione delle 
  risorse, per la formazione dei bilanci, per la gestione delle risorse ivi iscritte 
  e per la scelta dell'affidamento dei servizi di tesoreria o di cassa, nonchè 
  per le modalità del riscontro delle gestioni delle istituzioni scolastiche, 
  anche in attuazione dei princìpi contenuti nei regolamenti di cui al 
  comma 2. È abrogato il comma 9 dell'articolo 4 della legge 24 dicembre 
  1993, n. 537. 
  15. Entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge il Governo 
  è delegato ad emanare un decreto legislativo di riforma degli organi 
  collegiali della pubblica istruzione di livello nazionale e periferico che tenga 
  conto della specificità del settore scolastico, valorizzando l'autonomo 
  apporto delle diverse componenti e delle minoranze linguistiche riconosciute, 
  nonchè delle specifiche professionalità e competenze, nel rispetto 
  dei seguenti criteri: 
  a) armonizzazione della composizione, dell'organizzazione e delle funzioni dei 
  nuovi organi con le competenze dell'amministrazione centrale e periferica come 
  ridefinita a norma degli articoli 12 e 13 nonchè con quelle delle istituzioni 
  scolastiche autonome; 
  b) razionalizzazione degli organi a norma dell'articolo 12, comma 1, lettera 
  p); 
  c) eliminazione delle duplicazioni organizzative e funzionali, secondo quanto 
  previsto dall'articolo 12, comma 1, lettera g); 
  d) valorizzazione del collegamento con le comunità locali a norma dell'articolo 
  12, comma 1, lettera i); 
  e) attuazione delle disposizioni di cui all'articolo 59 del decreto legislativo 
  3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni, nella salvaguardia del principio 
  della libertà di insegnamento. 
  16. Nel rispetto del principio della libertà di insegnamento e in connessione 
  con l'individuazione di nuove figure professionali del personale docente, ferma 
  restando l'unicità della funzione, ai capi d'istituto è conferita 
  la qualifica dirigenziale contestualmente all'acquisto della personalità 
  giuridica e dell'autonomia da parte delle singole istituzioni scolastiche. I 
  contenuti e le specificità della qualifica dirigenziale sono individuati 
  con decreto legislativo integrativo delle disposizioni del decreto legislativo 
  3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni, da emanare entro un anno 
  dalla data di entrata in vigore della presente legge, sulla base dei seguenti 
  criteri: 
  a) l'affidamento, nel rispetto delle competenze degli organi collegiali scolastici, 
  di autonomi compiti di direzione, di coordinamento e valorizzazione delle risorse 
  umane, di gestione di risorse finanziarie e strumentali, con connesse responsabilità 
  in ordine ai risultati; 
  b) il raccordo tra i compiti previsti dalla lettera a) e l'organizzazione e 
  le attribuzioni dell'amministrazione scolastica periferica, come ridefinite 
  ai sensi dell'articolo 13, comma 1; 
  c) la revisione del sistema di reclutamento, riservato al personale docente 
  con adeguata anzianità di servizio, in armonia con le modalità 
  previste dall'articolo 28 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29; 
  d) l'attribuzione della dirigenza ai capi d'istituto attualmente in servizio, 
  assegnati ad una istituzione scolastica autonoma, che frequentino un apposito 
  corso di formazione. 
  17. Il rapporto di lavoro dei dirigenti scolastici sarà disciplinato 
  in sede di contrattazione collettiva del comparto scuola, articolato in autonome 
  aree. 
  18. Nell'emanazione del regolamento di cui all'articolo 13 la riforma degli 
  uffici periferici del Ministero della pubblica istruzione è realizzata 
  armonizzando e coordinando i compiti e le funzioni amministrative attribuiti 
  alle regioni ed agli enti locali anche in materia di programmazione e riorganizzazione 
  della rete scolastica. 
  19. Il Ministro della pubblica istruzione presenta ogni quattro anni al Parlamento, 
  a decorrere dall'inizio dell'attuazione dell'autonomia prevista nel presente 
  articolo, una relazione sui risultati conseguiti, anche al fine di apportare 
  eventuali modifiche normative che si rendano necessarie. 
  20. Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano 
  disciplinano con propria legge la materia di cui al presente articolo nel rispetto 
  e nei limiti dei propri statuti e delle relative norme di attuazione. 
  
Art. 22. 
  1. Sono trasferite alle regioni le funzioni amministrative dello Stato in materia 
  di ricerca e utilizzazione delle acque minerali e termali e la vigilanza sulle 
  attività relative. Di conseguenza le partecipazioni azionarie o le attività, 
  i beni, il personale, i patrimoni, i marchi e le pertinenze delle aziende termali, 
  già inquadrate nel soppresso Ente autonomo gestione aziende termali (EAGAT) 
  e del Centro ittico tarantino-campano spa sono trasferiti a titolo gratuito 
  alle regioni e alle province autonome nel cui territorio sono ubicati gli stabilimenti 
  termali in base ai piani di rilancio di cui al comma 2. 
  2. Ai fini del trasferimento di cui al comma 1 la regione o la provincia autonoma, 
  entro novanta giorni decorrenti dalla data di entrata in vigore della presente 
  legge, presenta al Ministro del tesoro un piano di rilancio delle terme, nel 
  quale sono indicati gli interventi, le risorse ed i tempi di realizzazione con 
  impegno dell'ente interessato al risanamento delle passività dei bilanci 
  delle società termali, senza oneri aggiuntivi per il bilancio dello Stato. 
  Il trasferimento di cui al comma 1 avrà luogo entro sessanta giorni dalla 
  presentazione del piano. 
  3. Le regioni e le province autonome possono cedere, in tutto o in parte, le 
  partecipazioni nonchè le attività, i beni e i patrimoni trasferiti 
  ad uno o più comuni. Possono altresì prevedere forme di gestione 
  attraverso società a capitale misto pubblico-privato o attraverso affidamento 
  a privati. 
  4. Nel caso in cui le regioni o le province autonome territorialmente interessate 
  non presentino alcun progetto entro il termine indicato al comma 2, il Ministro 
  del tesoro, anche in deroga alle vigenti norme di legge e di regolamento sulla 
  contabilità dello Stato, determina i criteri per le cessioni, volti a 
  favorire la valorizzazione delle finalità istituzionali, terapeutiche 
  e curative delle aziende interessate, tenuto conto dell'importanza delle stesse 
  per l'economia generale, nonchè per gli interessi turistici.